Sessione posters – Le relazioni di cura e i vari confini
Interventi di: T. De Grada, E. Buratti, R. Latocca, U. Mazza, V. Veronica, G. Mina, A. Basilisca, E. Bianchi, A. Ciceri, G. Dodaro, S. Ferrari, M. Pesenti, F. Ricciardi, M. Cattaneo, C. Guarnerio, M. Mazzetti, M. Bregni
Abbiamo ancora una speranza? Il lavoro dell’Associazione Diversamente con le famiglie di persone affette da disagio mentale grave
T. De Grada, E. Buratti
Associazione Diversamente ONLUS
Per speranza s’intende un sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione di quanto si desidera, una fiducia nell’avvenire. È infatti la speranza uno dei principali motori del cambiamento, che determina la forza e il coraggio di accettare anche le situazioni più difficili, sentendosi comunque attivi e pro-attivi.
Quello che spera il familiare di una persona con disagio psichico grave non è la necessariamente la guarigione, ma una cura adeguata e il rispetto della dignità del soggetto in quanto persona. Capita spesso però che la rassegnazione, il senso di impotenza, la continua sofferenza e la sfiducia nelle proprie capacità e in quelle dei Servizi, spingano il familiare verso atteggiamenti disfunzionali con gravi ripercussioni sul percorso di cura del paziente e sull’intero nucleo. Come aiutare dunque il familiare a non perdere la speranza?
L’Associazione Diversamente ONLUS risponde a questa domanda attraverso la strutturazione di un modello di intervento integrato che coinvolge al suo interno tutti gli attori: il paziente, il familiare e i Servizi di cura. In questo modello il gruppo viene inteso come strumento, la base per creare un’esperienza fatta insieme, ma guidata da facilitatori e professionisti. Gli obiettivi del nostro modello sono da una parte il rafforzamento del senso di efficacia del familiare attraverso la psicoeducazione, al fine di aumentare le competenze per la gestione della relazione col congiunto malato e con i Servizi; dall’altra parte, il rafforzamento della rete e l’arricchimento dei percorsi mediante un lavoro in stretta collaborazione con i CPS al fine di garantire un reale senso del “prendersi cura” coerente, solido e affidabile.
Un familiare speranzoso è quindi un familiare che si pone come alleato, che partecipa attivamente e con fiducia al processo di cura della persona sofferente nel rispetto del proprio ruolo e di quello altrui, che mette in campo delle competenze specifiche facendosi promotore del cambiamento.
L’essenza e la sostanza nella relazione di cura
R. Fagioli
Dipartimento di Medicina Olistica Istituto S. Lorenzo in Lodi
Quello che stiamo vivendo è “il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà” (Papa Francesco).
La pratica clinica soffre una eccessiva segmentazione della diagnostica. Inseguendo una perfezione tecnologica finalizzata alla definizione del sintomo e alla sua risoluzione, perde di vista l’essenziale ovvero la cura della persona e la stabilizzazione del suo equilibrio meuro-psico-endocriono-immunologico-posturale al più alto livello possibile.
Oggi prevalgono ancora procedure di pensiero riduzionistico: • ci si riferisce troppo ai sintomi • si esplora poco l’etiologia • si studia poco il percorso specifico del disagio • si utilizza poco il vissuto emozionale del clinico • ma soprattutto si trascura l’ambiente, inteso in senso lato (familiare, sociale, fisico, naturale, abitativo, urbano).
Nella relazione di cura diviene oggi centrale e risolutivo per il paziente l’orientamento alla rilevazione diagnostica dell’insieme delle caratteristiche organiche, psichiche e delle modalità di comportamento di una persona che, nella loro integrazione, ne costituiscono l’essenza, ovvero la biotipologia, fattore che tende ad essere stabile e che rimane tale nella molteplicità e diversità delle situazioni ambientali in cui si esprime e si trova ad operare.
Emerge quindi la necessità di operare un passaggio, per certi aspetti rivoluzionario, per altri estremamente vicino alla medicina ippocratica e alla psicologia della personalità, dal pensiero riduzionistico, centrato sul sintomo, al pensiero olistico analogico e multi dottrinale, centrato sulla persona, nella sua specificità e unicità idiografica e differenziale.
Prendersi cura di chi cura all’interno degli ospedali
R. Latocca 1, U. Mazza2, V. Veronica1
1 Latocca Raffaele – UOC Medicina del Lavoro ASST di Monza, Presidio Ospedaliero di Monza. 2 Umberto Mazza – UOS Psicologia CLinica ASST di Niguarda Milano. 3 Veronica Viganò – UOC Medicina del LavoroASST di Monza, Presidio Ospedlaiero di Monza
Introduzione
Numerosi studi epidemiologi condotti in ambito di medicina e psicologia del lavoro evidenziano come gli ospedali siano ambiti lavorativi ad alto rischio stress lavoro-correlato e burnout(1). La mansione a maggior rischio è quella infermieristica(2).
Obiettivi
Nel biennio 2014-2015 è stato effettuato un intervento su alcune aree ospedaliere, segnalate come critiche sia dal punto di vista dello stress lavoro-correlato che del burnout (Pronto Soccorso,Blocco Operatorio,Radioterapia,SPDC,Oculistica)
Metodi
Nel periodo 2014-2015 è stato somministrato al personale delle aree a rischio un questionario con una sezione a domande a risposta chiusa con quattro scale psicologiche standardizzate per la valutazione del job strain (JCQ), del distress (GHQ), del burnout (MBI), della soddisfazione lavorativa (JOBS) e delle risorse organizzative (COPSOQ) ed una sezione a domande aperte. I focus-group si sono svolti nel 2015 ed hanno previsto all’interno dei gruppi specifici la restituzione dei dati dell’indagine, la discussione nei gruppi ed infine la raccolta delle priorità organizzative di intervento segnalate dai partecipanti.
Risultati
Per quanto riguarda la prevalenza degli operatori con distress, questa si è attestata tra il 30-40% (Oculistica e Radioterapia 32%, PS 32,3%, SPDC 36%, BO 40%. Interessante è il dato riguardante le risorse organizzative e personali in cui le dimensioni positive presenti risultano essere il significato del lavoro ed il senso di appartenenza. Nelle aree indagate gli operatori hanno individuato come priorità interventi tecnici ed organizzativi. Un intervento richiesto per il miglioramento del benessere organizzativo è stato inoltre quello di potenziare gli eventi formativi.
Conclusioni
Lo stress lavorativo, il burnout e la insoddisfazione lavorativa come dimostrato nel nostro studio stanno emergendo come fenomeno critico all’interno degli ospedali. Vi è necessità di ampliare azioni tese al miglioramento del benessere organizzativo e del clima interno nelle varie aree ospedaliere, anche coinvolgendo le figure dirigenziali, attraverso momenti di incontro e di supporto che potenzino le risorse individuali e di gruppo, all’interno delle singole professioni e fra professioni diverse BIBLIOGRAFIA 1. Ansoleaga E. “Psychosocial stress among health care workers” Rev Med.Chil.2015Jan;143(1):47-55; 2. Fenga C, et al “Burn-out and occupation stress in nurses” Med Lav. 2007 Jan- Feb;98(1):55-63
Programma TR43: un modello di lavoro clinico-riabilitativo
G. Mina, A. Basilisca, E. Bianchi, A. Ciceri, G. Dodaro, S. Ferrari, M. Pesenti
U.O. Psichiatria-Cps Magenta, Asst Ovest Milanese
Come è sottolineato dalle più recenti linee guida sulla schizofrenia (NICE, 2002; Royal Australian guidelines,2005), l’intervento precoce può non solo ritardare l’esordio di disturbi psichici gravi, moderarne la gravità e contrastarne le conseguenze biologiche, psicologiche e sociali, ma avere anche un ruolo cruciale per ostacolare il deterioramento nel funzionamento sociale, già nella fase in cui la psicopatologia non è ancora manifesta. In tale panorama il Programma Innovativo TR43 della Regione Lombardia è finalizzato alla prevenzione, individuazione e trattamento precoce dei disturbi psichici gravi in età giovanile (17-24) ed ha preso avvio nel settembre 2009 presso il DSM dell’attuale ASST Ovest Milano.
Nel nostro lavoro si intende illustrare gli obiettivi, il modello operativo adottato e gli aspetti organizzativi di integrazione tra i servizi del DSM, strutturando un percorso “dedicato” per questa tipologia di pazienti. Si evidenzia la necessità di pianificare una fase di assessment articolata attraverso il coinvolgimento di tutte le figure professionali e di interventi ad hoc per favorire la riduzione dello stigma, l’accesso ai trattamenti e la prevenzione delle ricadute.
Un aspetto innovativo è rappresentato dalla procedura di integrazione e collaborazione con il servizio di Neuropsichiatria Infantile attraverso il gruppo operativo APA (Acuzie Psichiatriche in Adolescenza), orientata alla presa in carico congiunta di adolescenti che presentano stati mentali a grave rischio a partire dai 14 anni d’età. Infine il lavoro clinico riabilitativo di questi anni ci ha permesso di comprendere meglio alcuni aspetti che sottendono le fasi dell’impasse terapeutica per afferrare con mano un bisogno sempre più emergente dei pazienti: la necessità di un ri-posizionamento nel contesto sociale e di un graduale processo di integrazione dopo il periodo di malattia; quel “ritorno” pratico-esperienziale ad una rete più coerente con la normalità che possa contribuire ad un maggiore consolidamento delle consapevolezze e delle capacità acquisite.
Il passaggio ad un contesto maggiormente orientato al mondo del lavoro e a quello formativo (costruzione di nuovi orizzonti d’attesa) lontano dal contesto di cura e non connotato psichiatricamente, deve rappresentare necessariamente un ulteriore step del percorso terapeutico-riabilitativo (“effetto terapeutico di un contesto non terapeutico”).
La Riabilitazione Neuropsicologica dell’Anziano con un Approccio Gentlecare, Ecologico ed Olistico
F. Ricciardi, M. Cattaneo
U.O.C. di Neurologia – Ambulatorio di Neuropsicologia, Fondazione IRCCS CA’ GRANDA Ospedale Maggiore Policlinico di Milano
Il sig. G (85 anni) dopo un ictus ha riportato un’ emorragia intraparenchimale talamo-capsulare dx (’13) e cerebrovasculopatia diffusa. Un precedente controllo neuropsicologico ha fatto emergere un rallentamento ideomotorio, note apatico-abulico e degenerazione cognitiva polissetoriale. Alla TAC esiti di sofferenza vascolare cronica. La mimica facciale e# ridotta, presenta un palese rallentamento ideomotorio. L’eloquio e# possibile solo per brevi frasi, con note disartriche, ed e# irregolare. Talvolta il pz e# mutacico e presenta stati di “freezing” e “clonie”. Dopo rivalutazione neuropsicologica si interviene con un training riabilitativo/cognitivo, psico-educazionale sul modello teorico “Gentlecare” (Moyra J., 2005), Ecologico ed Olistico (Trexler, 2000): riformulando lo spazio di vita del pz, interagendo con il caregiver (badante) ed istruendolo su come stimolare il pz. Importante scopo riabilitativo e#: la ricostruzione della biografia di G. A questo proposito abbiamo iniziato presentando dei volti di personaggi noti con relative informazioni biografiche (procedendo per gradi: associazione nome + volto, nome + volto + categoria, nome + volto + categoria + bio). Il caregiver aveva il compito di somministrare questi esercizi una volta al giorno per facilitare l’apprendimento di informazioni da parte del pz. Per stimolare il pz sono stati usati materiali multimediali per migliorare l’attenzione e facilitare il ricordo. Dopo un lavoro sulle biografie altrui, abbiamo iniziato a ricostruire la carriera artistica del signor C, in modo da arrivare alla costruzione della sua biografia (genogramma). Siamo partiti dall’analisi di alcuni suoi quadri (partendo dai dettagli presenti e dall’analisi dei colori usati), per arrivare poi a ordinare cronologicamente molte delle sue opere, favorendo una rinnovata consapevolezza di un possibile “atto artistico”. La rivalutazione del pz con il MOCA (Montreal Cognitive Assessment), al termine del percorso di riabilitazione neuropsicologica, evidenzia un complessivo miglioramento cognitivo e psicologico del sig. G.
La speranza in oncologia: implicazioni per la cura
C. Guarnerio, M. Mazzetti, M. Bregni
S.C. Oncologia Medica, ASST della Valle Olona, P.O. Busto Arsizio
Introduzione e obiettivi:
La speranza rappresenta un tema centrale in ambito oncologico in quanto influenza il benessere psico-fisico individuale, le relazioni affettive e la comunicazione medico-paziente. La sensazione di minaccia e impotenza evocata dalla diagnosi di tumore fa sì che vissuti di disperazione si manifestino in modo frequente e intenso tra i pazienti oncologici. La disperazione, definita in letteratura come stile di coping disfunzionale connotato dalla tendenza ad adottare un atteggiamento pessimistico e di rinuncia nei confronti del tumore, risulta significativamente associata a difficoltà nell’adattamento psicologico alla malattia così come a un peggioramento della prognosi1. Il presente studio mira ad approfondire l’indagine di questo tema all’interno del contesto italiano. Ci si propone di esaminare il livello di disperazione riportato dai pazienti affetti da una patologia oncologica e di rilevare se tale strategia di coping risulti significativamente associata alla presenza di distress psicologico.
Metodi:
52 pazienti (età media=59.94, D.S. 12.502) afferenti alla S.C. di Oncologia Medica dell’ASST della Valle Olona hanno completato una batteria testale composta dai seguenti questionari: scheda anagrafica; Distress Termomether-Problem List (DT-PL); Hospital Anxiety and Depression Inventory (HADS); Mini-Mental Adjustement to Cancer Inventory (MINI- MAC).
Risultati:
il punteggio medio riportato dal campione alla scala Disperazione del MINI-MAC (range:9-36) è risultato di 13.63 (D.S.=5.111). Dalle analisi di correlazione è emerso come tale dimensione correli significativamente con il livello di distress riportato al DT (r=.409, p<.01) e con le scale Ansia (r=.629, p<.01) e Depressione (r=.511, p<.01) di HADS.
Conclusioni:
I risultati evidenziano l’esigenza di sostenere la speranza tra i pazienti oncologici al fine di promuovere l’adattamento psicologico alla malattia. Ciò rende indispensabile la promozione di percorsi di cura che prevedano una presa in carico multidisciplinare del paziente nonché la formazione del personale curante all’acquisizione di competenze comunicative e relazionali che alimentino la speranza attraverso l’identificazione e la condivisone di obiettivi terapeutici realistici. Bibliografia:1 Grassi L., Gil F., Rossi E. Marmai L., Nanni M.G. Hopelessness and related variables among cancer patients in the Southern European Psycho-Oncology Study (SEPOS). Psychosomatics 51:201-207
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