“Il Soggetto e i Percorsi di Cura”. Postfazione – Marcello Santi, Giorgio Cerati
Anche in questo Convegno, come in tutti i precedenti, ciò che è stato posto a tema e su cui ci siamo incontrati è che cosa permetta di mantenere la motivazione ed il significato del nostro lavoro anche a fronte della scarsa efficacia delle istituzioni o della discontinuità delle risorse. Sappiamo e ci diciamo, che occuparci dei nostri pazienti è difficoltoso ed è sempre presente il rischio di diventare “cronici” come loro (cioè perdere la capacità di aiutarli a cambiare) e di guardarli con un occhio che ha perso la speranza. Sappiamo anche che loro fanno di tutto per aumentare le nostre difficoltà, facendosi dimenticare o minando la nostra capacità di pensare.
Di fronte a queste difficoltà, intrinseche alla realtà in cui operiamo, tante volte ci siamo detti che non basta una migliore organizzazione, una più sofisticata strategia di intervento ma neppure una tecnica più raffinata. Negli anni abbiamo approfondito che la questione della cura verte al fondo sul “Fattore Umano”, sulla “Speranza”, sul “Sapere Condiviso”, cioè su fattori che implicano la nostra umanità, quella dei colleghi e dei pazienti, non solo sugli elementi del sapere tecnico.
Luigi Boccanegra aveva espresso, a suo modo, questa evidenza affermando che L’altro (il paziente, il collega, ecc.) nasce dentro di noi continuamente e la relazione mantiene viva l’idea che ciascuno ha dentro di sé un fine, la propria autorealizzazione e che la “parola” (che rivolgiamo al paziente o che scambiamo tra noi) deve essere verificata e risignificata alla luce dell’esperienza. Nelle “situazioni limite” solo l’amicizia aiuta ad esistere, cioè quando l’altro esiste in noi più di noi stessi.
Queste considerazioni ci hanno richiamato un intervento di Giancarlo Cesana:
Quello che compie il lavoro come esperienza vissuta e donata è la carità. Cos’è la carità nel rapporto con l’altro? Non quello che devi fare, ma il minuto in più in cui lui ha bisogno di te. La carità è che tu ti commuovi con l’altro, quando gli dai qualcosa in più che non è richiesto. La cura, l’assistenza è ospitalità dell’altro dentro di sé. L’ammalato domanda e, una volta fatto tutto, quello che lo colpisce più di tutto è la commozione che avete per lui, perché questo segna,è questo di cui ha bisogno, che ci sia un movimento insieme a lui, che non prescinde dall’organizzazione, perché l’origine della organizzazione è la carità, perciò va oltre se stessa, altrimenti è solo un atto moralistico, un dovere da compiere destinato a morire.
Ecco, partendo, di volta in volta, dalle concrete esperienze e dalle circostanze in cui ci troviamo ad operare, senza darle per scontate e senza assolutizzarle, riusciamo a mettere a tema ed a trattare della nostra umanità e di ciò che la alimenta, contribuendo ad arricchire di contenuti l’esercizio della professione. La valorizzazione di questa “esigenza elementare” ci fa essere interessanti ed incontrare con “simpatia” tutti quelli che lavorano “con buona volontà”. Questo fa sì che il nostro, oltre che un Convegno, sia un “Incontro”, cioè un avvenimento che fa cambiare.
Si è parlato quindi del valore dell’incontro, apprezzato dai diversi partecipanti. Un “buon” incontro sperimentato nella relazione permette di mantenere il significato del nostro lavoro, anche nella formazione. La centralità del soggetto però rischia di perdersi nell’anonimato quando si traduce in standard organizzativi. Eppure il soggetto non può che stare dentro i percorsi di cura, non in opposizione. Il soggetto qui chiamato in causa non in una adesione burocratica, ma nel desiderio e nella responsabilità dell’operatore, nel lavoro d’equipe, nella partecipazione del paziente, del familiare, del volontario, nelle relazioni a tu per tu che sostanziano ogni progetto.
Il Convegno Il soggetto e i percorsi di cura, in conclusione, ha sviluppato la funzione dei soggetti all’interno dei programmi terapeutici e assistenziali, grazie ai contributi originali dei relatori e al clima positivo che si è creato con i partecipanti. Particolarmente interessante e coinvolgente è stato il lavoro d’insieme che si è realizzato nella tavola rotonda finale, con le diverse esperienze che hanno potuto presentare una molteplicità di risposte ai bisogni attuali di salute mentale delle persone. La ricchezza di pensiero e di testimonianze emersa da tutto il convegno e il senso di condivisione che si è sperimentato volevamo non andassero dispersi. Perciò abbiamo riunito le realtà che, con le peculiarità che le caratterizzano, hanno dato vita alla tavola rotonda, per cercare di proseguire il lavoro iniziato, a partire dai contributi portati al convegno, ma anche condividendo i temi da approfondire e le possibili prospettive future.
Di qui si è delineata l’ipotesi di finalizzare il lavoro alla prospettiva di un progetto con la Diocesi per il 2016, all’interno di un percorso culturale più ampio (cfr. i Dialoghi di vita buona), sul tema del “Curare”, in rapporto con il soggetto, dentro le urgenze della società attuale. Sorse così il Progetto 2016: per una cultura dell’incontro e della cura.
Tale lavoro ha avuto ulteriore sviluppo ed è approdato alla preparazione di un secondo convegno, rivolto al mondo della sanità, dell’assistenza e del sociale: LA CURA AL CONFINE – Le relazioni di cura tra incontro e cultura dello scarto, svolto a Seveso e a Milano dal 27 al 29 ottobre 2016 (cfr. Atti in Journal of Medicine and the Person, 2017, n.1). L’intento era di porre al centro la cura e le relazioni di cura, svolgendone le esigenze di base, le dimensioni teoriche e le implicazioni più rilevanti per le persone nel bisogno e per la comunità civile, con la partecipazione di diversi interlocutori consapevoli della importanza del tema, non solo per gli addetti ma anche per chi fosse interessato a ricostruire oggi fondamenta sociali.
Il successivo passaggio – esito della continuità di un lavoro condiviso nel tempo, nei modi, nella sostanza dei contenuti – è costituito tra l’altro dalla costruzione di un format di Corso di formazione sul tema Curare chi cura, da proporre agli operatori sanitari la cui prima edizione si è svolta a Milano Niguarda da marzo a maggio 2018 (v. oltre).
Marcello Santi,
Giorgio Cerati
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!